Politiche di genere
Siamo consapevoli che le donne non sono una “categoria” e nemmeno un “soggetto svantaggiato”: sono la metà del mondo! Ciò nonostante sussiste un enorme gap di genere indotto dall’organizzazione sociale, dai valori che la sottendono e dal ruolo riconosciuto alla donna nella società.
Le donne producono il 41% del PIL ma, rispetto agli uomini, nel mondo del lavoro sono meno stabili: soggette a part-time involontario, i percorsi di carriera per loro sono più in salita, ricevono salari inferiori a parità di ruoli e responsabilità e l’imprenditoria femminile risulta in generale meno sviluppata.
La crisi nei Servizi è forte: dalla sanità all’assistenza, dalla cura dell’infanzia alla pubblica amministrazione, si tratta di un settore in cui le donne sono molto presenti, in cui il lavoro molto spesso è irregolare e, di conseguenza, vi si verificano anche dinamiche di sfruttamento. Oltretutto al lavoro di cura viene attribuito un valore economico inferiore perché lo si riconosce “funzionale” rispetto ad altri lavori.
Dal rapporto Caritas sulla crisi scaturita dal Covid19 emerge che le persone che sono ricorse all’aiuto dei centri e dei servizi sociali sono quasi raddoppiate, e quelle che vi si sono rivolte per la prima volta in maggioranza hanno il volto di una donna giovane con figli.
Per contribuire a colmare le disuguaglianze di genere si deve favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; questa non è una questione solo femminile ma riguarda la qualità della vita di tutti. Infatti la partecipazione delle donne all’economia e al lavoro ha un riflesso sulle scelte e sui bilanci familiari e, di conseguenza, sull’economia nel suo complesso.
Va rafforzata la rete dei servizi per l’infanzia (la percentuale dei bimbi che frequentano in Italia i nidi pubblici è del 12% e sale al 22% con i privati, ma l’obiettivo dell’UE era del 32% già nel 2011!), del pre e post scuola, dei centri estivi, extra scolastici e ricreativi, di sostegno alla genitorialità dai primi anni di vita all’adolescenza con la piena operatività del Centro famiglie recentemente istituito.
In sinergia con il distretto socio sanitario, occorre rafforzare e facilitare l’accesso ai servizi di prevenzione e cura, l’assistenza alle famiglie, la maternità e la paternità responsabile, l’educazione all’affettività e i servizi per la non autosufficienza.
Rispetto alla notevole diffusione della violenza di genere, occorre potenziare le azioni di contrasto (protezione, costituzione parte civile, agevolazioni per l’abitare e sostegno economico), sostenere le attività d’ascolto, consulenza e mutuo aiuto svolte dall’associazionismo e creare sinergie fra pubblico e terzo settore istituendo un Tavolo di contrasto alla violenza e alle discriminazioni intersezionali.
Si tratta anche in questo caso di una questione culturale da affrontare a partire dalle generazioni più giovani con progetti di educazione ai generi e alla non violenza, contro gli stereotipi e le discriminazioni di provenienza, culturali, sessuali, in tutti gli ordini scolastici e sul territorio per la cittadinanza.
Sul piano amministrativo occorre dare piena attuazione alla L.R 6/2014, in particolare iniziando ad applicare il “bilancio di genere” alle progettualità più rilevanti.